La morte di un sedicenne fa notizia, oggi come nel XIII secolo.
E quando Corradino di Svevia fu impiccato (o decapitato) il 29 ottobre del 1268 a Campo Maricino a Napoli per volontà di Carlo I d’Angiò, nuovo re del regno di Sicilia, le cronache non tardarono a tratteggiare gli aspetti tragici della vicenda dando il via alla “leggenda nera” degli Angiò nel meridione d’Italia.
La figura storica di Corradino di Svevia è stata nel tempo rielaborata da artisti e letterati colorandosi via via di nuove sfumature. In Italia, in particolare, è stata al centro di una importante riflessione storiografica, ma soprattutto banco di prova per numerose prove drammaturgiche dal Seicento fino all'Ottocento.
Il Corradino di Francesco Maria Pagano, tragedia che mostra un importante desiderio di rinnovamento teatrale nella Napoli illuministica del 1789, è mosso da una forte filosofia civile che porta il suo autore a delineare la figura di un principe ideale. A Corradino, caratterizzato da un’eroica virtù, manifestazione di amore del bene pubblico, si oppone la figura di Carlo, empio e dispotico tiranno. A quasi un secolo di distanza Giuseppe Chiovenda ripropone la tragedia imbevuta di guelfismo e di ideali tardo romantici: la sua riflessione si sofferma sui diritti umani calpestati dalla violenza della storia.
Ha introdotto e moderato l'incontro la dott.ssa Marilena Squicciarini.